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L'éclair de Jupiter: un potere troppo grande

Era una notte d’inverno, quando trovai in una vecchia scrivania dell’antica casa dei miei nonni, uno scritto dell’artista Victor Hugo, risalente al XIX secolo.


Era il periodo della BELLE EPOQUE: periodo di rinascita culturale, economico e sociale. Periodo della seconda rivoluzione industriale e di molte invenzioni e costruzioni, tra cui la Torre Eiffel. Periodo che vedeva alle spalle molte guerre, ma che intravedeva nel futuro la pace fra gli Stati.

Victor era uno scrittore che visse in quel periodo ed era amico di Jacques Dubois. Jacques amava la scienza più di ogni altra cosa, tanto che un giorno, all’inaugurazione della prima lampadina elettrica di Edison, egli notò uno strano oggetto che catturò la sua attenzione. Era un cubo di colore verde e di dimensioni medie.

Finita l’inaugurazione, decise di portarlo nel suo laboratorio e studiare ogni suo particolare. Dopo un paio di giorni notò che il cubo emetteva dei fulmini, che apparivano anche pericolosi, per questo lo chiamò “l'éclair de Jupiter” (il fulmine di Giove).

Jacques comprese che il cubo possedeva molta energia, quindi cominciò a capire come sfruttare questa “tecnologia aliena”.

La prima idea venutagli in mente fu quella definitiva: doveva usare il suo cubo, affinché la Francia avesse avuto più energia da utilizzare per nuove invenzioni e per aumentere la globalizzazione.

Dopo vari mesi di lavoro, improvvisamente Victor venne a conoscenza del progetto di Jacques, dato che ogni tanto lo andava a trovare nel suo laboratorio.

Victor non voleva per niente assecondare l’idea dello scienziato, poiché temeva che l’oggetto fosse potente tanto quanto pericoloso.

Jacques era molto determinato e non voleva stravolgere i suoi piani. E fu così che l’amicizia fra lo scrittore e lo scienziato si interruppe per un periodo.

Arrivò il 1889, l’anno della fine della costruzione della Torre Eiffel. Questa per Jacques fu un’opportunità per compiere l’atto che avrebbe avviato il suo piano: poiché la torre era costruita in ferro, questa attirava l’energia del cubo e la rilasciava, attraverso dei raggi nocivi per la salute dei parigini.

Però quella sera, Parigi fu invasa da una terribile tempesta, che compromise il piano. Infatti, Jacques fu gravemente colpito da un fulmine che toccò la punta della Torre Eiffel, dove si trovava lui.

Victor si accorse dell’accaduto, perché, anche se aveva litigato con il suo amico, aveva assistito, poiché aveva paura per Jacques.

Proprio per questo soccorse lo scienziato e mise fine al suo piano malefico.

Dopo qualche settimana Jacques si riprese e comprese il suo enorme sbaglio, ma per rimediare decise, assieme a Victor, di gettare il cubo nell’oceano, per evitare che venisse nuovamente trovato, poiché il cubo era tanto potente quanto pericoloso e, se fosse caduto in mani sbagliate, avrebbe potuto causare la fine del mondo.


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