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IL CONFLITTO RUSSO-UCRAINO TRA PROPAGANDA E NON PROPAGANDA


Sui manifesti di Roma e di altre grandi città appaiono enormi insegne pubblicitarie che inneggiano all’orgoglio nazionale ucraino: “Sii coraggioso come l’Ucraina”.

Mi sono chiesta che cosa in effetti significassero quelle scritte, se fosse un incitamento del presidente ucraino Zelensky contro l’invasore russo. Ho cercato di capire chi avesse interesse a convincermi di essere coraggiosa come uno Stato attualmente in guerra, in seguito ad un’aggressione da parte di un altro Stato. Infatti al di là di ogni reciproca propaganda una cosa è certa, che uno Stato sovrano ne abbia invaso un altro.

Allora di monito si tratta o di propaganda? Se così fosse, chi ha imbastito una tale campagna motivazionale è ricorso ad un investimento di certo importante che mi appare un vero e proprio reclutamento morale.

Dalla mattina alla sera, attraverso i social network e la comunicazione di massa, c’è sempre qualcuno, insomma, che vuole convincermi ad arruolarmi moralmente, magari in vista di importanti decisioni che anche il nostro Paese deve prendere a favore o meno dell’Ucraina e più in generale rispetto all’ipotesi di un minore o maggiore coinvolgimento durante un possibile, ma spero scongiurabile, conflitto mondiale.

Coraggio ucraino dunque: in alcuni siti mi sembra addirittura di cogliere un videogioco di guerra accompagnato da altre scritte “Non puoi comprare il coraggio. Non puoi portarlo via. È un regalo dei tuoi genitori”. L’Ucraina è diventata la Nazione più coraggiosa del mondo, la più citata, la più ammirata, la più ispirata. Non solo politici e governi, ma anche la gente comune sa ormai che cos’è il coraggio ucraino, però non posso nascondere che nei mezzi di comunicazione ci sono immagini della guerra modificate con filtri patinati, vicino a immagini vere e diventate tristemente note, quale quella dell’anziana aiutata dal pompiere a lasciare la sua casa in fiamme.

Allo stesso modo non riesco a capire perché il governo ucraino si è opposto durante i riti della Passione alla decisione del Santo Padre di far camminare insieme Albina e Irina, una ucraina e l’altra russa, durante la Via Crucis portando insieme la croce di un dolore che non è solo dell’Ucraina e non è solo della Russia.

Orazio Coclite, voce storica della Via Crucis, ha detto: “Di fronte alla morte, il silenzio è più eloquente delle parole. Ognuno preghi nel proprio cuore per la pace nel mondo”.

Sembra quasi che il Diario di Anna Frank, che ho letto nell’estate scorsa, di fronte a certe aberrazioni del Novecento non abbia insegnato nulla e che ancora oggi continuino a soffiare i venti di una guerra senza senso contro la quale si erge vigoroso il Pontefice. Mi hanno commosso le parole che ha voluto rivolgere alla signora Bianchetti durante la famosa intervista trasmessa in TV in questi giorni di Pasqua. E dunque, mi chiedo, chi c’è dietro questa operazione di propaganda che mira a rendere l’interventismo una scelta glamour e promuove una Nazione come se fosse un profumo di Chiara Ferragni?

Non ho abbastanza strumenti per poter esprimere pensieri più profondi, di certo per scorgere ragioni o torti a favore dell’una o dell’altra parte. Però non credo che possa essere così chiaro che tutte le colpe siano da una parte e tutte le ragioni dall’altra.

Trovo banale esaurire così il discorso di fronte a tante vittime e a tanti morti di cui ho avuto notizia diretta proprio ieri, porgendo i miei auguri più sentiti al Professor Anton Guzhva dell’Università di Kharkiv, non a caso ucraino. Tra questi tanti bambini e tante donne. Era dunque il caso di fronte a un tale massacro di ricorrere alla resistenza armata per appianare le divergenze tra Stati? Non c’erano davvero altre soluzioni? Forse perché da grande sogno di fare il diplomatico, credo che la pace e il dialogo siano sempre la scelta migliore e che la comunità internazionale unitamente ai grandi della Terra debbano intervenire in modo più incisivo in questo, come in tutti gli altri conflitti; ciò affinché quei terribili venti di guerra di cui dicevo prima, non abbiano mai più a ripetersi. Sia sotto queste forme così plateali sia sotto altre forme più subdole e pericolose. Insomma in una parola, più silenzio e meno propaganda.

Irene Antonacci

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